Case popolari, nuova legge in Toscana

Il giudizio di Cgil-Cisl-Uil Toscana e dei sindacati inquilini Sunia-Sicet-Uniat.

Case popolari, nuova legge in Toscana
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Dopo anni di discussione, finalmente, il Consiglio regionale ha approvato la legge che regolamenta il settore

Case popolari, nuova legge in Toscana

Dopo anni di discussione, finalmente, il Consiglio regionale ha approvato la legge che regolamenta il settore dell’edilizia residenziale pubblica toscano. Si tratta di un provvedimento che interesserà direttamente o indirettamente oltre 1 milione e 650 persone che già abitano nelle 49.751 case popolari toscane, 21.888 famiglie che hanno presentato, attraverso i bandi comunali, domanda di assegnazione di una casa pubblica, 366 lavoratori che operano nelle aziende di proprietà dei Comuni che hanno il compito di gestire e mantenere il patrimonio immobiliare. Il testo approvato dal consiglio risulta sensibilmente diverso rispetto a quello iniziale proposto qualche anno fa sul quale i Sindacati dei lavoratori e degli inquilini avevano espresso forti riserve e contrarietà tanto da organizzare iniziative di mobilitazione e proporre ben 40 proposte di emendamento. Il risultato, raggiunto con l’approvazione del provvedimento, testimonia la capacità di ascolto, valutazione, concertazione che ha portato sensibili miglioramenti al testo da parte dell’assessore regionale alle politiche abitative Vincenzo Ceccarelli, dei componenti la commissione consiliare presieduta da Stefano Scaramelli, dai gruppi consiliari di maggioranza PD, MDP e da parte dell’opposizione, Movimento5stelle e Si Toscana a Sinistra.

 

Gli aspetti positivi

Tra gli aspetti più positivi, quelli  di aver riequilibrato i punteggi per l’assegnazione di una casa popolare verso situazioni più legate al disagio abitativo, come il premiare famiglie che pur con bassi redditi e grandi sacrifici onorano il pagamento del canone di affitto negli alloggi del mercato privato, oppure il prevedere soluzioni per quelli che si vedono espropriata l’abitazione di proprietà perché hanno perso il lavoro o la propria attività. Assai positivo l’aver accolto la proposta dei sindacati di prevedere per chi entra e già vive nelle case popolari appositi percorsi di formazione e informazione civica, per far conoscere le regole fondamentali per una pacifica e rispettosa convivenza negli edifici popolari e allo stesso campo il prevedere apposite strutture di controllo e sanzioni per coloro che non rispettano le regole e il bene pubblico loro assegnato, fino ad arrivare allo sfratto nei casi più gravi. Soprattutto le famiglie anziane verranno tutelate nel garantire di restare nel contesto sociale e nell’alloggio loro assegnato senza provvedimenti di mobilità “forzata” . Molto positivi il sistema di calcolo dei canoni che continuerà ad essere proporzionato alle condizioni di reddito familiare,la valorizzazione del ruolo della rappresentanza sindacale nelle commissioni comunali di assegnazione alloggi, nelle autogestioni e in iniziative per favorire la coesione sociale e applicare un unico contratto di servizio alle 12 aziende comunali che gestiscono il patrimonio di ERP.

Gli aspetti della criticità

La legge, invece, perde “l’occasione” di affrontare alcuni aspetti sia economici, sia sociali, cruciali per il futuro dell’edilizia pubblica. Nonostante l’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio regionale di un ordine del giorno nel quale si impegna la Regione a prevedere lo stanziamento costante annuo minimo di 15 milioni di euro per la tenuta del sistema e di 10 milioni per la ristrutturazione degli alloggi sfitti (che attualmente soddisfano l’82% degli alloggi assegnati), di fatto la legge non contempla questo tipo di impegni. Per questo i sindacati chiedono a Regione e Comuni di condividere un appello verso il governo nazionale per un piano strutturale di finanziamenti del settore in modo da offrire nuove abitazioni a canone sociale da edificare soprattutto in aree ed edifici, ristrutturare in tempi certi quelle che si liberano e rilanciare anche il settore delle costruzioni.Permangono forti riserve sulle modalità di calcolo delle possidenze immobiliari e riguardo l’approvazione di alti punteggi previsti nei bandi di assegnazione per coloro che risiedono da più tempo nelle zone in cui presenteranno domanda. In questo modo si ritorna al tempo delle Repubbliche marinare, limitando di fatto la possibilità di assegnare un abitazione a chi ad esempio fino ad un anno fa viveva a Livorno e ora per problemi lavorativi, familiari, ha preso la residenza a Firenze. I sindacati esprimono dubbi riguardo la legittimità costituzionale e riguardo l’effettiva efficacia della norma che impedisce l’accesso ai bandi a chi ha pendenze penali di un certo rilievo; una disposizione che non ci pare risolva questioni reali quali quelle dei comportamenti illegali e delle conflittualità all’interno dei complessi di edilizia pubblica.

Rispetto ad una valutazione complessiva CGIL-CISL-UIL, SUNIA, SICET, UNIAT non possono che apprezzare la conferma del ruolo sociale dell’edilizia pubblica come strumento fondamentale di sostegno e emancipazione sociale alle famiglie di lavoratori con basso reddito, che esce rafforzato grazie anche alla iniziativa unitaria intrapresa dai sindacati.

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