La storia di Giovanni Baldi, il medico dei quarratini

Una lunga carriera che è cominciata negli anni ‘70 quella del medico di famiglia. L'intervista pubblicata su Bisenziosette.

La storia di Giovanni Baldi, il medico dei quarratini
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E’ stato un punto di riferimento importante per i suoi pazienti

La storia di Giovanni Baldi, il medico dei quarratini

Dal due anni e mezzo il medico dei quarratini Giovanni Baldi è andato in pensione.Una lunga carriera che è cominciata negli anni ‘70 quella del medico di famiglia e che gli ha dato tante soddisfazioni.

Sposato, con una figlia laureata in architettura Baldi ha sempre esercitato la sua attività a Quarrata.

Lo abbiamo contattato durante l’ultima settimana di lavoro nel suo studio di via Alessandro Volta a Quarrata.
Dottore quando è cominciata la sua carriera?
«Mi sono laureato nel ‘73 e dopo aver prestato servizio in alcuni ospedali come villa Fiorita a Prato ho avuto il posto come medico di base a Quarrata.
Sono originario di Ponte Buggianese e provengo da una famiglia di medici. Mio padre si trasferì a Quarrata nel ‘50 quando io avevo cinque anni. Da quella data sono diventato quarratino».
Com’era Quarrata quando ha cominciato a esercitare la sua professione di medico? Lei l’avrà vista cambiare nel tempo.

«Era molto diversa. Quando arrivai era un paese agricolo, l’industria non c’era. Lo sviluppo coincise con l’apertura del mobilificio Lenzi che portò molto lavoro. Ci sono stati anni di crisi e poi il boom economico periodo nel quale anche Quarrata divenne una ricca cittadina. Era una città molto viva da un punto di vista economico, la gente ha sempre lavorato molto. Questo deriva dalla secolare attività agricola che ha sempre caratterizzato la zona. Mi sono sempre trovato bene in questa realtà».
Qual è stato il suo rapporto con i suoi pazienti?
«Positivo e devo dire che dopo quarant’anni di attività la cosa che mi dispiace di più è staccarmi dalle persone dalle quale ho ricevuto fiducia e amicizia. Certo è che il lavoro di medico ti porta a essere in contatto con molte persone, a vedere e a condividere tante cose anche brutte. Io ho sempre pensato e penso che si debba essere molto tolleranti con chi soffre perché i malati hanno sempre ragione. Stare male può indurre a tenere atteggiamenti che possono sembrare sgarbati quando invece sono legati ad una condizione che cambia, spesso, la qualità della vita. Anche il rapporto con i pazienti è cambiato molto. Anni fa si basava sulla fiducia oggi il rapporto umano è diverso anche perché è cambiata la medicina che prevede molte più figure professionali con le quale il paziente deve rapportarsi. Prima il medico era un punto di riferimento importante, basti pensare che dovevamo essere reperibili anche la notte. Adesso ci sono molti più attori in medicina con i quali il paziente deve rapportarsi. ».
Secondo lei c’è un abuso degli esami diagnostici?
«Un po’ d’eccesso per quanto riguarda gli esami e i medicinali c’è, è innegabile ma bisogna anche dire che le malattie sono bizzarre, si presentano in mille modi e, sulla base dei sintomi, è difficile stabile di cosa si tratta senza gli approfondimenti necessari. Spesso c’è anche un abuso dei ticket da parte di persone che non ne hanno bisogno ma che hanno i requisiti per usufruirne mentre chi ne ha bisogno davvero è penalizzato e questo non è giusto».
Dopo quarant’anni rifarebbe questa professione?
«Sì la rifarei sicuramente anche se ci sono cose che non me la fanno rimpiangere come l’eccessiva burocratizzazione e il dovere certificare i redditi delle persone. Questa non mi è mai andata giù perché noi medici dobbiamo certificare le malattie non i redditi dei pazienti».

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