Montecatini, si ferma il cuore in vacanza in America: «Così sono tornato a vivere»

Va in vacanza nell'estate 2018 negli Stati Uniti e viene colpito da arresto cardiaco: la storia del 50enne montecatinese David Meccoli raccontata dal "Giornale".

Montecatini, si ferma il cuore in vacanza in America: «Così sono tornato a vivere»
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La storia a lieto fine di David Meccoli, 50enne di Montecatini Terme, che nell'estate 2018 era in vacanza negli Stati Uniti quando è stato colpito da un forte arresto cardiaco. La corsa in ospedale, il salvataggio, l'operazione a cuore aperto e dopo 40 giorni il ritorno in Italia. La storia raccontata dal "GIORNALE DI PISTOIA E DELLA VALDINIEVOLE" in edicola venerdì 26 ottobre 2018.

David Meccoli ed il malore in vacanza

«Alla fine ce l’ho fatta. Sono tornato a casa da dove mancavo da fine agosto. E questo nonostante quel dottore che a un certo momento ha dato la mano a mia moglie dicendo: “Signora, mi dispiace, suo marito ha poche speranze di vita”».

Inizia così su Facebook il drammatico racconto del periodo più difficile della vita di David Meccoli, noto giornalista in Valdinievole: un post scritto di getto non appena tornato a casa dopo quaranta giorni di ricovero e di operazione. Una storia incredibile, raccontata con dovizia di particolari dallo stesso involontario protagonista.

«Ma, a proposito di “scene” fondamentali in questa vicenda, quella che ancora mi fa luccicare gli occhi è pensare a mia moglie e mio figlio che – mentre ero disteso su un letto, intubato, sedato, incosciente, sfigurato, sbatacchiato a destra e a manca – mi cantano in coro “Happy birthday to you” il giorno del mio 50° compleanno». Questo ha scritto il cronista David.

Un destino amaro ha infatti fatto corrispondere il giorno del festeggiamento del mezzo secolo, quello della cifra tonda («quello di cui avevamo parlato tante volte progettando una grande festa») con quello del malore. «Ma alla fine ce l’ho fatta e mi appresto a vivere di nuovo. Sì, sono tornato alla vita». Ma un momento, riavvolgiamo il nastro e ripartiamo da capo.

Già, la storia da raccontare è quella di un turista negli Stati Uniti: uno come tanti, che ha progettato un bel viaggio estivo con moglie e figlio di 10 anni. «Ero in vacanza con la mia famiglia negli Stati Uniti. Stavamo per partire per un giro che ci avrebbe portato a visitare i grandi parchi dell’Ovest (Grand Canyon, Bryce, Monument Valley ecc.). Punto di partenza è Las Vegas, dove sulla strada principale mi sono accasciato a terra per un arresto cardiaco, sotto gli occhi di mia moglie e mio figlio. Subito (così mi hanno raccontato, io non ricordo niente) sono arrivate delle persone che mia mamma ha definito “angeli” e che mi hanno fatto un massaggio cardiaco in attesa dell’ambulanza, che poi mi ha defibrillato almeno tre volte. Poi la corsa in ospedale e i momenti più bui, quelli dell’incertezza, quelli della paura allo stato puro».

Il dramma del nostro David è appena iniziato. Una vacanza nel Pacifico iniziata da Los Angeles e San Francisco ma interrotta nel modo che nessuno avrebbe mai solo osato pensare. Il pericolo di vita imminente. «Ma no sono uscito fuori! Passata infatti la disperazione di un eventuale mancato risveglio, era subito subentrata quella del “come” ne sarei uscito. E invece, nonostante tutto quello che mi era successo, ero e sono ancora “integro”, sia di testa che di fisico».

L’euforia di quei giorni (siamo attorno al 10 settembre), quindi appena dodici giorni dal malore, dura poco. Un esame ha infatti purtroppo rivelato la causa di quanto accaduto: una malformazione congenita al cuore.

«A me? - si è chiesto David - Io che, oltre a non bere e non fumare, ho fatto per anni le visite medico-sportive per l’attività agonistica per il tennis e che dopo un altro problema di salute 13 anni fa avevo fatto 2mila esami e controesami. Eppure è così e l’unico modo per “rimediare” è stato un intervento chirurgico a cuore aperto. Subito con mia moglie ci siamo attivati per poterlo fare dopo il rientro in Italia, ma assicurazione e soprattutto ospedale si sono opposti a più riprese, dicendo che era troppo pericoloso e non concedendo il “fit to fly”, ovvero l’agibilità al volo».

Così il 1° ottobre è arrivato il fatidico giorno dell’operazione all’ospedale di Las Vegas, Sunrise: tutto è andato per il verso giusto, per fortuna. «E a quel punto mi hanno detto che ora ho un cuore più forte e più resistente. Dopo 40 giorni passati in ospedale (tralascio i particolari, ma credetemi sono stati durissimi) sono andato per una settimana in albergo, fino alla partenza per l’Italia, dove sono tornato il 16 ottobre. E ora ho voglia di ricominciare a vivere».

Il post scriptum è forse la parte migliore: l’amore della moglie Francesca che non lo ha mai abbandonato. «Colgo l’occasione per ringraziare tutti quelli che si sono informati sul mio stato di salute, quelli che mi hanno fatto sentire la loro vicinanza, quelli che hanno forse anche un po’ sofferto e poi gioito insieme a me. Talvolta non ho risposto ai loro messaggi e me ne scuso, ma ora li coinvolgo tutti in un grosso abbraccio collettivo. Ma soprattutto ringrazio mia moglie, che mi è rimasta vicina lottando con me per tutto questo brutto periodo: senza di lei non ce l’avrei mai fatta».

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