Tricobiotos: dal dolore al successo per una grande azienda

L'articolo pubblicato su BISENZIOSETTE in occasione dell'uscita del libro scritto da Marco Bucaioni due anni fa.

Tricobiotos: dal dolore al successo per una grande azienda
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Tricobiotos, una storia lunga che nasce dal dolore e che sfocia nella grande solidarietà. L'azienda di Marco Bucaioni a Vaiano, una delle più importanti del territorio pratese.

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L'articolo pubblicato su BISENZIOSETTE in occasione dell'uscita del libro scritto da Marco Bucaioni due anni fa.

Tricobiotos: dal dolore al successo

La storia della Tricobiotos, una delle aziende leader in Italia nel settore dei cosmetici per la cura professionale della bellezza e della salute dei capelli, è legata indissolubilmente alla storia di una famiglia, la famiglia Bucaioni.
La Tricobiotos nacque, per caso come spiega lo stesso Marco Bucaioni, amministratore delegato dell’azienda, nel 1982. Per due anni soli rimase a Prato per poi trasferirsi a Vaiano dal 1984 e rimanerci saldamente fino a oggi.
Un’azienda che da piccola realtà familiare è cresciuta sempre più negli anni fino a diventare la «potenza» che è oggi con circa cento dipendenti che lo stesso Bucaioni preferisce chiamare collaboratori perché, e ci tiene a sottolinearlo, sono loro l’anima di questa azienda, la loro bravura e professionalità ha fatto crescere la Tricobiotos.
Una realtà che tutti i vaianesi conoscono ma che forse non hanno la percezione della sua grandezza.

Il libro

La curiosità verso questa azienda si è ridestata in queste ultime settimane con l’uscita del libro «Finalmente la bonaccia», che potremmo definire, anche se un po’ impropriamente, la biografia di Marco Bucaioni, scritta dal giornalista Leopoldo Gasbarro.
Un libro nato dagli appunti, i ricordi e i pensieri di Bucaioni e che Gasbarro ha rimesso insieme egregiamente in un testo che prende dalla prima all’ultima pagina. Un libro dedicato alla sorella, una persona straordinaria per lui a cui ha deciso anche di regalare gli appunti originari del libro proprio a testimonianza della sua grande importanza nella vita di Marco.

«A dire la verità - ha iniziato a raccontare l’Ad di Tricobiotos, Marco Bucaioni - era già quasi pronto quattro o cinque anni fa, ma non sapevamo come farlo finire».

E adesso «Finalmente la bonaccia» è completo, ma con un finale che non era quello previsto all’inizio.

Doveva essere un addio, e invece...

Perché questo volume doveva essere un po’ il saluto del creatore e amministratore delegato di Tricobiotos alla sua azienda, ai suoi collaboratori e a quella che è stata la sua vita per decenni.

«Poi però ho pensato proprio all’azienda, ai miei collaboratori che sono degli ottimi professionisti, alla mia famiglia, e ho capito che è diventata una realtà molto grande e mi sento in dovere di farla continuare ad andare avanti. Quindi alla fine la bonaccia di cui si parla nel libro non è stata la fine del mio impegno, ma solo un punto da cui ripartire, sì allentando un po’ e iniziando a tirare i remi in barca, ma ho capito che c’è ancora bisogno e non posso tirarmi indietro».

Una ripartenza

E quindi questo libro è servito per mettere una sorta di punto, uno slancio per ripartire.
Uno scritto emozionante che difficilmente si riesce a leggere dall’inizio alla fine senza avere gli occhi lucidi soprattutto in alcuni passaggi.
Perché Marco Bucaioni in questo libro si mette completamente a nudo. Racconta la sua infanzia, il rapporto con i suoi genitori, la sua adolescenza, l’incontro con la moglie Mariella e la sua terribile e dolorosissima perdita per una terribile malattia, il rapporto con il figlio Tommaso e forse è proprio questo uno dei punti più coinvolgenti e intimi del libro. Dove Marco racconta la sua difficoltà nel rapportarsi con Tommaso, all’epoca un bambino: mentre lui continuava a correre senza guardarsi mai indietro e senza fermarsi ad aspettare chi come suo figlio magari aveva bisogno che lui rallentasse un attimo. Adesso, con questo libro, il padre scrive quelle parole che non è mai riuscito a dire al figlio e mette nero su bianco il suo rammarico per quel suo carattere che lo ha sempre portato ad andare a mille quando magari chi era intorno a lui aveva bisogno che rallentasse per potergli stare accanto.
«Eppure nonostante questo ho avuto la fortuna di avere due figli, Tommaso e poi Anita (dalla seconda moglie Lyana, ndr) bravissimi. In questo io e mia sorella possiamo dire di essere stati davvero molto fortunati. Ammetto che non sono stato un padre attentissimo ai figli, sono un uomo a cui è sempre piaciuto e piace lavorare molto e per questo a volte assente con i figli. Fortunatamente devo dire che Tommaso, nonostante la perdita della madre e la mia assenza è riuscito a diventare una bravissima persona e di questo non posso che essere orgoglioso».
Tommaso che ora lavora in azienda insieme al padre, la zia e la cugina.

«Quando sei un miracolato nella vita come mi sento io perché ti salvi da una situazione terribile che poteva portarti giù a colare a picco, vuoi e senti di dover fare qualcosa per gli altri. Se stai un anno e mezzo a giro per gli ospedali l’egoismo poi va via. A tutte le persone che ci dicono che noi siamo bravi a fare quello che facciamo, rispondo che non è così, perché se non mi fosse successo quello che mi è successo non mi sarebbe mai venuto in mente di creare una Onlus per cercare di aiutare gli altri. Per questo non critico chi non fa beneficenza o più semplicemente non gli viene in mente, perché non ci è mai passato».

La Onlus per aiutare gli altri

E così a dicembre del 2008 è nata «Cuore senza barriere» la Onlus della famiglia Bucaioni, creata con il preciso scopo di aiutare le persone, donne, uomini e bambini in grosse difficoltà, con una malattia grave e devastante.
Un’azienda che va a gonfie vele e una Onlus importante che cerca da anni di aiutare persone veramente in difficoltà.
Questo è la famiglia Bucaioni che con un’azienda nata per caso 35 anni fa da Marco, sua sorella Mara e suo cognato, è arrivata ad avere quasi 100 dipendenti, un fatturato medio alto e utili veramente importanti, che punta tutto sui propri collaboratori, sulla ricerca e cambiamenti continui.
A febbraio (2018, ndr) partiranno anche i lavori per realizzare i nuovi uffici accanto alla vecchia costruzione perché ormai gli spazzi sono un po’ stretti.
Però sempre a Vaiano dove la Tricobiotos si trova dal 1984 e non ha alcuna intenzione di trasferirsi da lì.

«A quei tempi decidemmo di venire a Vaiano perché erano gli anni del boom a Prato - ha spiegato Bucaioni - e non riuscivamo a trovare un posto idoneo. Poi ci fu presentato questo terreno in cui c’erano dei cavalli ed era tutto in salita. Lo abbiamo comprato, risistemato e ci abbiamo realizzato la Tricobiotos. Io sono venuto ad abitare a Vaiano nel 2000. E posso dire che per me Vaiano è il più bel posto del mondo, dove si vive in maniera splendida. Basti pensare che ho mandato mia figlia alla scuola materna in una villa bellissima. Quanti hanno questa stessa fortuna? Si parla di microcriminalità, ma mi chiedo se le persone che dicono che c’è a Vaiano sono mai stati in grandi città. Infine con tutte le amministrazioni mi sono sempre trovato bene e lo stesso con i vaianesi. Non cambierei Vaiano con nessun posto al mondo. Poi questo comunque è un piccolo paese e se sei un personaggio in vista in un paese come Vaiano ti devi comportare bene e fare tutte le cose in regola perché ci vuole un attimo che poi tutti sanno cosa hai combinato. E a me questa cosa piace perché mi piacciono le regole e mi piace comportarmi bene».

E forse questa è una delle tante ricette che hanno fatto funzionare, crescere e diventare quello che è oggi la Tricobiotos, dove il 60% dei collaboratori è della Val di Bisenzio, il 60% o 70% sono donne che si trovano quasi tutte ai vertici dell’azienda nei vari settori.
Una vera e propria famiglia che lavora con professionalità e intelligenza in un clima meraviglioso in cui scherzare con «il grande capo» non è un reato, anzi viene spontaneo quando è lo stesso grande capo a trattare la propria azienda come una grande famiglia, gestita da sempre da una famiglia unita e forte che ha saputo negli anni andare avanti e fortificarsi nonostante, o forse anche per, il grande dolore che li ha segnati.

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