Un calcio contro la discriminazione razziale

Dopo l'episodio di razzismo in un campo della lucchesia di domenica scorsa, riproponiamo gli esempi di integrazione portati avanti da alcune squadre della Val di Bisenzio.

Un calcio contro la discriminazione razziale
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Dopo l'ultimo episodio di domenica tra ragazzi Under 15 in un campo della lucchesia, torna a far discutere il razzismo in campo. Ma in Val di Bisenzio da anni ci sono squadre che si sono organizzate proprio per riuscire a far giocare con loro alcuni dei profughi ospitati in Vallata.

Un calcio contro la discriminazione razziale

I primi in Vallata a organizzarsi furono i giocatori del Querceto, già nella stagione 2015/2016.

In un piccolo Comune di tremila abitanti esiste una società calcistica che ha dato un grande esempio di umanità.
E’ il Querceto calcio di Cantagallo che ha compiuto da poco quaranta anni e che, oggi come allora, mette i valori umani, l’etica e la morale prima di ogni altra cosa anche tra i loro atleti.
Ne è un esempio la decisione e la richiesta arrivata direttamente dall’allenatore Luca Ravagli e dalla società di cui è presidente Riccardo Calcagnini di chiedere ai profughi che sono ospitati a Vaiano di andare ad allenarsi insieme a loro.

«L’idea - spiegano l’allenatore e il presidente della società - iniziale ci è venuta in mente alla fine dello campionato dell’anno scorso. Avevamo pensato di chiedere a queste persone di fare una festa insieme, di invitarli a cena e magari prima organizzare una partita per divertirsi un po’ insieme».

Poi questa cosa non è mai andata in ponte, però la società non voleva mollare.
«Così a settembre abbiamo chiesto un incontro con il sindaco Guglielmo Bongiorno per presentargli un’idea dell’allenatore - spiega il presidente Calcagnini -, ovvero chiedere a questi profughi che stavano arrivando anche a Vaiano di venire ad allenarsi con noi».
Idea che, anche grazie al grande aiuto di Gioele Scavuzzo, consigliere comunale e Liliana Lippi della cooperativa Pane e Rose, si è concretizzata a fine novembre.

«Un gruppetto di questi ragazzi - spiega l’allenatore Ravagli - ha iniziato ad allenarsi con noi. Sono circa sei o sette, tutti di età più o meno simile ai nostri giocatori che vengono però da Paesi diversi. Il nostro obiettivo come società era questo: farli allenare insieme a noi. Questo perché la nostra società ha idee e ideali chiari e poter integrare questi ragazzi introducendoli nel nostro sistema è uno di questi. Siamo veramente contenti quando li vediamo allenarsi insieme ai nostri giocatori. Si sono integrati subito, con gli altri ragazzi hanno fatto squadra, nessuno dei nostri ha avuto problemi con questa decisione della società. Questo è un gruppo sano e sono stati accolti benissimo. Anzi per i nostri ragazzi è stato fin da subito molto divertente. Scherzando tra noi diciamo che fino a poco fa come lingua straniera avevamo il “montepianino”, adesso dobbiamo cimentarci con l’inglese e il francese».

Ma l’ingresso di questi ragazzi, profughi dai loro Paesi d’origine, nella squadra è servito un po’ a tutti.

«I nostri ragazzi hanno imparato molto. Queste persone che arrivano con queste storie angoscianti li si crede tutti delinquenti, ladri e farabutti che vengono qui senza fare niente rubandoci soldi e lavoro. Eppure imparando a conoscerli anche alcuni dei nostri ragazzi che magari prima la pensavano così ora hanno cambiato opinione. Si sono integrati bene. Vengono alle cene con noi e hanno addirittura un gruppo di tifosi, i loro coinquilini, che vengono a vederli».

La società ha solo pensato a portarli ad allenarsi. Al resto hanno pensato i ragazzi stessi.

«Per le trasferte si organizzano i nostri ragazzi con loro. Fanno le macchinate e vengono tutti insieme. E’ davvero una grande soddisfazione. Era il nostro progetto e per adesso sta andando molto bene».

E ovviamente questa cosa è servita anche ai profughi stessi. Sono riusciti a risollevare loro il morale, a dar loro una mano sia dal punto di vista calcistico che, soprattutto, umano.
«Vederli allenarsi in campo e sorridere è la soddisfazione più grande».
Due di loro, Princewill (che a differenza degli altri non è un profugo ma è arrivato insieme alla madre per motivi di lavoro in Italia) e Frencis sono anche stati tesserati e da qualche settimana sono anche stati inseriti durante le partite.
Il 13 marzo 2016 per la prima volta Princewill e Frencis hanno giocato insieme, mentre sugli spalti sette coinquilini, provenienti da varie parti del mondo, dal Senegal al Mali passando per il Gambia, facevano il tifo per loro.

«Questa è la nostra identità, quello che siamo come società - concludo Ravagli e Calcagnini - e l’idea non è mai stata quella di prenderli per farli giocare le partite perché sono bravi e possono farci vincere, ma solo di poterli integrare facendoli allenare con i nostri ragazzi, questo era il nostro sogno. Probabilmente quello di giocare era il loro, e siamo contenti di averlo potuto realizzare».

Il primo grande sostenitore non solo del Querceto ma anche e soprattutto di questo progetto e degli ideali che ci sono dietro è il primo cittadini di Cantagallo, Guglielmo Bongiorno.

«Un esempio di integrazione - ha commentato - fatto nella maniera più giusta. E’ un esempio importante di integrazione e spiega da solo il grande valore etico e morale delle persone che ci sono dietro questa bella società. Il mio apprezzamento particolare, oltre a tutti i dirigenti del Querceto, va all’allenatore Luca Ravagli, per i suoi grandi valori umani e culturali, oltre che ovviamente tecnici».

Una lezione di vita e di sensibilità umana che viene sì dal Comune più piccolo della provincia pratese, ma che non può passare inosservata per la sua grande potenza.

L'anno scorso ha iniziato anche la Cdp Vaiano

«Un po’ per necessità e un po’ c’era già nella nostra testa - spiega il presidente Auro Salvi - Alcuni di loro li vedevamo spesso venire a guardare le partite o gli allenamenti alla rete. Poi anche in seguito a quell’evento che c’è stato del Pd di Vaiano e Casa del Popolo sull’integrazione siamo venuti a conoscenza di queste associazioni che gestiscono questi ragazzi profughi. Siamo andati a parlare con loro e abbiamo esposto il nostro progetto. Gli spiegai che se c’era qualcuno di questi ragazzi interessato a venire ad allenarsi inizialmente e poi magari eventualmente giocare noi eravamo disposti a prenderci l’impegno di andare a prendere e riportare i ragazzi prima e dopo l’allenamento e dare loro l’attrezzatura necessaria. Alcuni di loro si sono detti molto interessati e così hanno iniziato a venire ad allenarsi con noi».

Alla base c’è uno spirito di solidarietà che non è nuovo nelle squadre di calcio della Vallata. Un paio di anni fa i primi furono quelli del Querceto calcio.

«E’ un’esperienza importante - continua Salvi - sono ragazzi bravi, rispettosi che si sono integrati bene. Adesso sono in cinque a giocare. La squadra con loro è migliorata. Nella terza categoria abbiamo visto che non siamo i soli ad aver iniziato questo tipo di integrazione, per esempio settimana scorsa abbiamo giocato con Carraia e anche loro abbiamo visto che hanno alcuni di questi ragazzi con loro».

L’idea per il presidente è quella di continuare con questa integrazione.

«La cosa più difficile è che questi ragazzi devono avere un documento in corso di validità per essere inseriti come giocatori per le partite».

L’allenatore Simone Lunardi, che era al suo primo anno a Vaiano è dello stesso parere:

«Questo è un anno di transizione in cui si spera di riuscire a ricreare qualcosa di buono per l’anno prossimo. Stiamo cercando di integrare questi ragazzi. Il clima negli spogliatoi è buono. E’ un ambiente sano con dei bei valori sportivi ma non solo. Mi piace stare qui».

La Cdp, dopo essere passata di categoria, lo scorso anno aveva vissuto un’annata difficile, tanto che sembrava che quest’anno non sarebbe nemmeno riuscita a trovare abbastanza giocatori per la stagione.

«Con coraggio e passione invece siamo andati avanti - spiega Samuele Masi, uno dei senatori di questa squadra - Con questi ragazzi siamo riusciti a fare una bella cosa. Il clima è buono, non dico che sia sempre tutto facile, ma l’integrazione pian piano sta riuscendo. Loro stanno imparando l’italiano e già questo non è poco. Si allenano con noi da settembre. Qualsiasi cosa facciamo li vediamo coinvolti, anche negli eventi, le cene. Siamo contenti. L’allenatore che ne riporta qualcuno a casa tutte le sere magari è quello che ci parla più di tutti e dice che sono contenti. Speriamo di riuscire a tenerne qualcuno anche per il prossimo anno».

Adesso la Cdp calcio, che si trova in terza categoria, è una squadra rinnovata con molti giovani e qualche profugo, e che sta lottando per rimanere in questo campionato così da poter tornare a buoni livelli il prossimo anno.
Sicuramente una partita l’hanno già vinta, quella della solidarietà.

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